11 SETTEMBRE 2014 ORE 13:39
Amministratore di condominio
L’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato; parola di Cassazione (SS.UU. sent. n. 9148/08).
L’inquadramento giuridico dell’incarico dato dalla massima espressione della giurisprudenza è stato sostanzialmente recepito nel codice civile (cfr. art. 1129, quattordicesimo comma, c.c.) ad opera della legge n. 220/2012 (la così detta riforma del condominio).
In quanto mandatario l’amministratore agisce in nome e per conto dei condomini secondo le regole dettate dalla normativa condominiale e da quelle specificamente disciplinanti il contratto di mandato.
Per completezza è bene ricordare che:
a) la nomina di un amministratore (che deve possedere una serie di requisiti obbligatori per legge, cfr. art. 71-bis disp. att. c.c.) è obbligatoria solamente quando i condomini (ossia i proprietari di unità immobiliari) sono più di otto (cfr. art. 1129, primo comma, c.c.);
b) l’incarico, retribuito salvo espressa dispensa, dura un anno con rinnovo automatico per il secondo anno, salvo revoca;
c) nel corso dell’anno di gestione l’amministratore deve adempiere ad una serie di obblighi previsti dalla legge e dal regolamento;
d) l’amministratore è revocabile dall’assemblea in qualunque momento e dall’Autorità Giudiziaria, ma solamente in determinate circostanze.
Tali circostanze sono così specificate nel codice civile (art. 1129, undicesimo comma, c.c.):
a) nel caso previsto dal quarto comma dell’articolo 1131 c.c., ossia quando gli sono notificati atti giudiziari o amministrativi eccedenti le sue competenze e non informa tempestivamente l’assemblea;
b) se non rende il conto della gestione, nei termini indicati dalla legge (cfr. art. 1130 n. 10 c.c.);
c) in caso di gravi irregolarità.
Quest’ultima ipotesi è quella che, per così dire, crea maggiori difficoltà in considerazione della sua genericità.
Il legislatore della riforma ha inserito nell’art. 1129 c.c. un comma, il dodicesimo, che in via del tutto esemplificativa elenca una serie di ipotesi da considerarsi gravi irregolarità.
Il resto, come si suole dire, è opera della giurisprudenza.
E la giurisprudenza di merito, che sull’argomento s’è pronunciata molte volte prima della riforma (ma quelle pronunce mantengono intatto il proprio valore) ha confermato che le gravi irregolarità cui fa riferimento il codice civile non sono tipizzate (né tipizzabili) una volta per tutte e a priori, ma sono suscettibili di molteplici forme di concretizzazione nella pratica (Trib. Messina 22 gennaio 2013).
Esibizione dei documenti prima dell’assemblea
In un caso risolto dal Tribunale di Messina nel gennaio del 2013, alcuni condomini avevano presentato ricorso per la revoca dell’amministratore per una serie di motivi. Tra le varie cose lamentavano che l’amministratore non aveva messo a loro disposizione i documenti inerenti gli argomenti oggetto di discussione dell’assemblea condominiale.
La sentenza, rectius il decreto del giudice siciliano, è utile perché fornisce una risposta sia in merito alla riconducibilità di tale inadempimento nell’ambito delle gravi irregolarità, sia perché spiega, in linea generale, il contenuto stesso dell’azione giudiziaria in esame.
Partiamo da quest’ultimo aspetto; procedimento per la revoca dell’amministratore condominiale: chi deve provare che cosa?
Secondo il giudice adito in ipotesi di revoca dell’amministratore di condominio su istanza di un condomino, il relativo procedimento si configura come un giudizio di risoluzione anticipata e definitiva del rapporto di mandato esistente tra tutti i condomini e l’amministratore: in tema di prova, pertanto, si applica il principio generale operante in materia di inadempimento di una obbligazione, secondo cui il condomino che agisca per la risoluzione del mandato intercorrente con l’amministratore deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto a conseguire dall’amministratore l’adempimento dell’obbligo gestorio, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre l’amministratore convenuto rimane gravato dell’onere della prova del fatto estintivo della pretesa di revoca, costituito dall’avvenuto adempimento ai suoi obblighi di gestione (Trib. Salerno 12 aprile 2011, il quale applica così – correttamente – il principio scolpito da Cass. Sez. Un. n. 13533/01) (Trib. Messina 22 gennaio 2013).
In questo contesto di carattere generale il Tribunale di Messina, al termine del proprio ragionamento, ha specificato che costituisce grave irregolarità, tale da determinare la revoca dell’incarico, il comportamento dell’amministratore di condominio che, richiestone da uno dei condomini, ometta per un lungo tempo e comunque al di là di un termine ragionevole di consegnare o di offrire in visione i documenti o di comunicare dati relativi alla gestione condominiale (Trib. Messina 22 gennaio 2013).
In buona sostanza se il condomino intenda richiedere la revoca giudiziale del proprio amministratore per tale motivo, costituendosi in giudizio, deve:
a) dimostrare che la persona contro la quale agisce è l’amministratore del condominio al quale egli partecipa;
b) dimostrare che le sue richieste sono rimaste inevase.
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