In tema di eliminazione delle barriere architettoniche, la I. n. 13 del 1989 costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico.
La vicenda. Tizio e Caio convenivano in giudizio Sempronio e Mevio, chiedendo dichiararsi l’illegittimità dell’ascensore realizzato dai convenuti e che questi ultimi fossero condannati alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi ed al risarcimento dei danni.
I convenuti, in via riconvenzionale, chiedevano la condanna degli attori al risarcimento del danno derivato dal ritardo nell’esecuzione dell’opera. In primo grado e in secondo grado, i giudici del merito rigettavano la domanda attorea.
In particolare, secondo i giudici di appello, avendo i convenuti assunto a loro carico tutte le spese di realizzazione dell’impianto di ascensore, costituiva un loro diritto ex art. 1102 c.c. procedere alla collocazione dell’ascensore, dovendosi attribuire prevalenza all’esigenza di avvalersi di un impianto indispensabile ai fini di una completa e reale utilizzazione del bene, tenuto conto delle previsioni di cui alla legge n. 13/89.
Avverso tale ultimo provvedimento, gli attori hanno proposto ricorso in cassazione eccependo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 907 e 1102 c.c., e della l. n. 13/1989
Il ragionamento della Cassazione. In argomento, gli ermellini hanno evidenziato che l’installazione di un ascensore, al fine dell’eliminazione delle barriere architettoniche, realizzata da un condomino su parte di un bene comune, deve considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento, e rientra, pertanto, nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell’art. 1102 cod. civ. Trattasi di principio che è stato anche ribadito da altro orientamento che ha confermato la regola secondo cui in tema di eliminazione delle barriere architettoniche, la I. n. 13 del 1989 costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale e persegue finalità di carattere pubblicistico volte a favorire, nell’interesse generale, l’accessibilità agli edifici (Cass. n. 7938/2017).
Ed ancora, prosegue la Corte, l’installazione di un ascensore su area comune, allo scopo di eliminare delle barriere architettoniche, rientra fra le opere di cui all’art. 27, comma 1, della l. n. 118 del 1971 ed all’art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 384 del 1978, e, pertanto, costituisce un’innovazione che, ex art. 2, commi 1 e 2, della l. n. 13 del 1989, va approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, commi 2 e 3, c.c., ovvero, in caso di deliberazione contraria o omessa nel termine di tre mesi dalla richiesta scritta, che può essere installata, a proprie spese, dal portatore di handicap, con l’osservanza dei limiti previsti dagli artt. 1120 e 1121 c.c., secondo quanto prescritto dal comma 3 del citato art. 2. (Cass. n. 6129/2017).
Ne consegue che, la verifica della sussistenza di tali ultimi requisiti deve tenere conto del principio di solidarietà condominiale, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all’intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione.
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In conclusione, “l’ascensore rappresenta un’opera volta a superare le barriere architettoniche e il singolo condomino può assumersi interamente il costo della relativa costruzione poiché siano rispettati i limiti previsti dall’art. 1102 c.c.
Pertanto, l’installazione di un ascensore e la conseguente modifica delle parti comuni non possono essere impediti per una disposizione del regolamento condominiale che subordini l’esecuzione dell’opera stessa all’autorizzazione del condominio.” (Cass. civ. ordinanza 5 dicembre 2018, n. 31462).
Scarica Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 5 dicembre 2018, n. 31462